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Perchè non sono più vegan: la mia esperienza

Questo è il mio personalissimo racconto di come e perchè ho abbandonato la dieta vegan e sono tornata a mangiare di tutto (carne compresa) entrando nel novero dei “vegani pentiti”.
Sono diventata vegana a fine 2012, dopo un’estate passata a leggere con avidità Vegan Home assimilando ogni singola informazione reperibile online sulla scelta vegan: documentari, studi scientifici, semplici esperienze di chi aveva già compiuto questo passo.
La visione di immagini e video sugli allevamenti intensivi mi causava un gran malessere e crisi di pianto, non tanto per l’uccisione in sè degli animali, quanto per la tremenda e asettica crudeltà con cui vengono letteralmente smontati, spesso ancora vivi, senza alcuna pietà umana.
Inoltre, ero fortemente convinta che anche la mia salute avrebbe tratto giovamento da un’alimentazione priva di tossine animali di difficile digestione, cadaverina, putrescina e altre schifezze acide.

Leggi anche  – Vegan: significato, dieta, carenze e animali. 

A questo punto ritengo sia necessario fare un passo indietro.
Avrete letto parecchie storie di vegani che sin da piccoli provavano repulsione verso la carne e avrebbero voluto smettere di mangiarla: ecco, io no.
Mio padre ricorda con particolare terrore per la salute del suo portafoglio quell’anno in cui, prima dell’asilo, tiranneggiavo i miei pretendendo che la mia alimentazione fosse costituita esclusivamente da prosciutto crudo.
Fino alla fine delle elementari mangiavo volentieri praticamente solo salumi e formaggi, mentre pane, frutta e verdura bisognava impormeli col ricatto. Alla faccia dell’empatia animale.
Crescendo ho imparato ad apprezzare qualche variante alimentare in più, aggiungendo spontaneamente frutta e verdura ai miei pasti, ma comunque mangiavo carne quasi tutti i giorni e se fosse stato per me sarebbe stata presente sia a pranzo che a cena.
I formaggi erano una vera e propria dipendenza: non avete idea di quante volte mi sono trovata a saccheggiare di nascosto intere vaschette di gorgonzola o pacchetti di brie, di cui mia madre trovava la confezione quasi vuota e un centimetro di formaggio dalla crosta, che lasciavo presa dai sensi di colpa, giusto per farlo assaggiare anche a lei. Bei tempi.

Pur mangiando veramente tanto (a casa mia le porzioni di pasta non erano mai inferiori ai 150 g a testa), nemmeno a livello di salute si è mai reso necessario un cambio di alimentazione nella mia vita: mi ero ritrovata alle superiori, alta 170 cm, a pesare 50 kg (53 l’anno in cui ero al massimo della rotondità), senza un filo di cellulite e convinta che senza carbonara non sarei sopravvissuta.
Fino all’Università non mi è mai passato nemmeno per l’anticamera del cervello l’idea di smettere di mangiare carne, consideravo i vegetariani quasi una leggenda metropolitana (non ne conoscevo) e non sapevo neppure che esistessero i vegani.
Per mia natura comunque non ho mai avuto pregiudizi verso il diverso, sono sempre stata molto curiosa e attenta, forse per gli innumerevoli episodi di bullismo subiti durante l’infanzia che mi avevano imposto una grande sensibilità: questo mi ha portata ad avvicinarmi a una realtà totalmente opposta alla mia quotidianità senza sentirmi minacciata né mettermi sulla difensiva.

Durante l’autunno del 2012 conobbi Sir Alex (da allora mio fidanzato e autore della rubrica “The gentleman” sulla rasatura classica qui sul blog) che pur non essendo veg al nostro primo appuntamento mi portò in una gastronomia vegana di cui era cliente abituale negli anni dell’Università. Non è mai stato vegano, ma per il suo metabolismo quel tipo di alimentazione è perfetta.

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Vedere un posto in cui tutto ciò che avevo letto su internet si tramutava in realtà, con vegani veri e cibo vegano vero, mi diede la spinta giusta per portare avanti i miei propositi. Certo, mi alzavo da tavola che avevo sinceramente fame ma ero bella leggera, volevo fare questo passo considerandolo la scelta giusta per la mia salute e per quella degli animali.

Credo che molta gente sia ancora restia a rivolgermi la parola proprio a causa delle prediche che elargivo in quel periodo, presa dall’entusiasmo dei primi tempi, a chiunque osasse parlarmi di cibo. Un ottimo modo per allontanare compagnie indesiderate, ve lo assicuro.
Nel frattempo mia madre fu ricoverata in ospedale per svariati mesi (niente di legato all’alimentazione, tranquilli) e io mi dedicai totalmente al rinnovo della cucina, trasformando le ricette della tradizione familiare in vegan: cannelloni al forno, tiramisù, millesfoglie, crostata, torte, insalata russa, frittata di ceci, parmigiana di melanzane, spezzatino (coi bocconcini di soia)… Tutto vegan.
Alzarsi da tavola era fantastico: una leggerezza incredibile che pian piano smisi di percepire come senso di fame.
Addirittura anche la mia migliore amica divenne vegan, prima ascoltando quello che le raccontavo e informandosi coi documentari, poi perchè dei medici estremamente lungimiranti le prescrissero proprio di eliminare carne e latticini per non far peggiorare un problema di salute di cui soffre.

Dopo un periodo piuttosto lungo arrivarono i primi problemi, poiché mangiavo il più possibile ma continuavo a perdere peso.
Pur sforzandomi di mettere insieme almeno 2000 kcal al giorno in modo sano, riuscirci sempre era un’impresa disperata: mangiavo quintali di mandorle e noci, mi buttavo su cereali e legumi, oggi con olio, domani al pomodoro… Mangiare stava diventando un impegno da portare a termine in maniera rapida e indolore, combattendo un’inappetenza crescente e il rifuto costante per frutta e verdura, di cui comunque programmavo le mie 8 porzioni giornaliere (5 di verdura e 3 di frutta).
Complice lo stress, arrivai a pesare 44 kg per 170, invidiatissima da tante amiche e colleghe ma ben lontana dal mio peso forma.
Premetto che seguendo i consigli alimentari dei medici di Scienza Vegetariana e variando i cibi con criterio non ho sofferto nessuna carenza, né di ferro né tantomeno di B12 (nei primi tempi si utilizza la scorta fatta negli anni da onnivori, e io probabilmente ne avevo per 8 vite),

Quando mia madre tornò a casa dall’ospedale, la sua invalidità mi portò a dovermi occupare della cucina anche per lei, che inizialmente accettò di buon grado la mia scelta cruelty free ma poi, ovviamente, desiderava poter mangiare quello che aveva sempre mangiato.
Così mi trovai a dover cucinare pasti diversi per un nucleo di due persone.
Inoltre, non sempre potevo ritagliarmi il tempo di preparare cereali e legumi, che hanno tempi di cottura immensi, quindi finii a mangiare peggio di come avessi mai fatto: legumi in scatola, cotolette e hamburger vegan (degli impasti preconfezionati di cui mi sforzavo di non leggere la lista ingredienti per non morire schifata), tofu condito (una sorta di ricotta di soia che si riesce a mangiare solo ben condita o sbriciolata in altre preparazioni) e seitan (impasto di puro glutine la cui consistenza ricorda quella della carne e con cui si possono fare arrosti e scaloppine veg).
Ovviamente hamburger, crocchette e polpettoni possono essere preparati in casa in modo sano (il mio preferito era in assoluto fagiolini e patate con la maggiorana), ma tra studio, lavoro, casa e un disabile non avevo tempo nemmeno per respirare e avevo bisogno di cibo che si preparasse in un attimo.
Per chi non lo sapesse, esistono anche gli affettati vegani e i formaggini vegani già pronti, il cui prezzo è semplicemente folle per poter pensare di acquistarli più di una volta al mese e la cui lista ingredienti, per quanto biologici siano, è comunque un alternarsi di soia, glutine e grasso di palma (biologico però).
Insomma, percepivo di non aver mai mangiato così male in tutta la mia vita ma ero ancora convinta di farlo per una giusta causa.

A mia madre vennero tolti legumi, alimenti integrali, alcune verdure e la frutta secca: le nostre alimentazioni iniziarono a diventare incompatibili e dover cucinare pasti differenti era diventata sistematicamente la quotidianità.
A quel punto ho iniziato a soffrire psicologicamente, non pensavo ad altro che al desiderio di mangiare quello che preparavo per lei, mi torturavo mentalmente sperando che la connessione con l’animale mi rendesse ributtante quello che per me era sempre stato cibo.
Arrivai al punto di trovarmi a saccheggiare di nascosto pezzettini di formaggio o carne in frigorifero, salvo poi sentirmi in colpa e piangere disperata. Tutto era stress, per evitare di desiderare nuovamente i cibi con cui ero cresciuta andavo a rivedere le scene strazianti delle macellazioni, provando profonda pena sia per quelle povere vittime sia per me stessa. Ero nervosa, aggressiva e affamata.

Come se ciò non bastasse, in società essere vegano ti rende automaticamente vittima predestinata di frecciate, vessazioni e bullismo da parte di esseri gretti e ignoranti che ti rovinano l’esistenza con metodica quotidianità, garantendoti una gogna pubblica che io, individuo socievole ma restia ad aprirmi al prossimo, subivo come vere e proprie violenze psicologiche.
A quel punto, quando stai male e devi combattere contro te stesso, contro il prossimo e contro 20 pasti settimanali di cui la metà ti causa ormai disgusto anche solo a pensarci, devi trovare soluzioni alternative di compromesso.

Sconsiglio caldamente di andare a parlare di compromessi a un qualsiasi vegano attivista in salute e felice della sua alimentazione: gli effetti collaterali sono insulti e ennesime vessazioni psicologiche.
Viviamo in una società nella quale ognuno si sente in diritto di dire al prossimo quello che deve fare e, all’occorrenza, anche di insultare: ecco, qualsiasi decisione prendiate nella vostra vita, TENETELA PER VOI.
Volete diventare vegani? Non rendetene partecipi i vostri compagni di università e tantomeno i vostri colleghi di lavoro se volete vivere tranquilli.
Volete strafogarvi di wurstel? Non c’è bisogno di sbandierarlo ai quattro venti.
Qualsiasi decisione prendiate ci sarà sempre qualcuno pronto ad affossarvi e a scaricare su di voi le sue frustrazioni.
Io qui posso raccontarvi la mia esperienza, sono nel mio spazio e qualsiasi commento non rispetti le basilari norme di educazione e di comunicazione civile verrà cestinato in moderazione, mentre qualora dovessi ricevere minacce o insulti mi riservo il diritto di agire legalmente. Warned.

Oggi peso 49-50 kg, sono in perfetta salute e mangio in modo incomparabilmente più sano rispetto al resto della mia vita, sia vegan che antecedente.
Non abuso più dei latticini e ho eliminato i salumi (entrambe le cose mi sono state consigliate dal medico agopuntore dell’ASL, che non smetterò mai di ringraziare per avermi fatto ritrovare la tranquillità), invece non mi pongo più problemi a utilizzare le uova, rigorosamente biologiche, ancor meglio se a km zero.
Per quanto riguarda la carne fresca, non amo l’idea di mangiare carne di cuccioli come capretti, maialini o agnelli, mentre ho reintrodotto modeste quantità di carne avicola (pollo e tacchino) e uso molto raramente carne bovina, quasi mai suina.
Per la mia salute ritengo sia importante sapere cosa hanno mangiato questi animali, come e dove sono vissuti ed è fondamentale che non provengano da allevamenti e macellazione intensiva, in quanto si tratta di produzione del tutto innaturale, disumana e fonte di cibo di pessima qualità (pieno di antibiotici e tossine).
Spendete un po’ di più e mangiatene meno.

Sento che questa è la dieta giusta per me: sono in forze, in salute, di buon umore e piena di energie. Su 21 pasti settimanali mangio carne solo 2-3 volte, contro le 8-10 dei tempi andati del liceo. A merenda mi sforzo di mangiare frutta fresca o secca.
Ho totalmente eliminato dalla mia alimentazione i grassi vegetali non meglio specificati, che di solito si rivelano essere disgustoso grasso di palma, pessimo per l’ecosistema, pericoloso per la salute e totalmente inutile dal punto di vista nutrizionale: se devo fare dei biscotti o della pasta sfoglia, uso un pezzetto di burro di qualità, l’importante è non abusarne. Una cosa che trovavo particolarmente fastidiosa nel frequentare alcuni gruppi vegan era il totale disinteresse verso la nostra salute, e il finire per essere tacciata di estremismo nel momento in cui mi opponevo alla promozione di alimenti confezionati contenenti grasso di palma.

Il fatto che io ora abbia ritrovato una salute nella quale ormai non speravo più, la dice lunga su quale sia la scelta migliore per ME e mi sento vicina sia a tutti coloro che per vergogna vorrebbero diventare vegani e non ci riescono per paura di scatenare ire in famiglia, sia e soprattutto a tutti coloro che vorrebbero abbandonare questa scelta ma hanno timore del giudizio aggressivo che l’abbandono della comunità veg comporta.
In entrambi i casi, fatevi forza e andate dritti silenziosamente per la vostra strada, dato che se le vostre scelte non sono dettate da motivi abietti o futili (moda, gola…) non avete motivo di sentirvi in colpa né di giustificarvi.

Sicuramente alcuni penseranno che in realtà è come se io non fossi mai stata vegan.
Sotto alcuni punti di vista potrebbero anche avere ragione:

  • non sono mai riuscita a far del tutto mia la campagna contro la ricerca medica per le malattie che fa uso di sperimentazione animale (ad esempio le donazioni AIRC sostengono questo tipo di ricerca). Il fatto che la stessa comunità scientifica sia divisa sull’utilità della sperimentazione animale mi fa capire che il discorso sia molto più ampio di quel che sembri e quindi, a meno che non si blocchi tutto (anche le cure dei malati) ritenendo sbagliata a prescindere questa pratica, ogni soluzione che preveda urlare insulti contro i ricercatori non può essere da me condivisa in modo razionale. Personalmente trovo che la sperimentazione animale sia odiosa e disgustosa, ma non potendo dare un contributo concreto allo sviluppo della medicina in altre direzioni mi sento davvero impotente e preferisco tacere piuttosto che parlare di cose che non conosco. Sarei ben felice di poter contare su un progresso scientifico cruelty free, ma nel frattempo non ho alcuna intenzione di rinunciare ad esempio all’anello anticoncezionale. Una scelta del genere creerebbe disagio a me e non riporterebbe in vita nessuno degli animali sacrificati ad esempio per il test LD50 (ogni nuova sostanza viene testata su cavie per stabilire qual è la dose letale per il 50% del campione, “letal dose 50”, normalmente questo valore nelle schede tecniche, che riguarda anche molti ingredienti cosmetici di vecchia data, è accompagnato da un riferimento alla specie animale utilizzata, per cui ad esempio MUS sono i topi). In realtà online ho anche assunto posizioni strettamente vegan in merito, ma più per il gusto di riuscire a sostenerle dialetticamente fino in fondo che credendoci davvero.
  • La cultura antispecista vorrebbe che tutti gli animali, uomo compreso, fossero riconosciuti come soggetti di pari diritti fondamentali, senza distinzione ulteriore alcuna. Tuttavia, se per mucche, conigli e maiali provare empatia è piuttosto semplice, mi trovo ad ammettere candidamente che per altri animali non provo alcun genere di pietà e non mi sento un mostro per questo: i serpenti non mi suscitano alcun tipo di empatia e non mi sentirei minimamente in colpa a mangiarli o a indossare accessori in pitone, così come vorrei che i pesciolini d’argento (il nome sembra carino ma sono disgustosi insetti domestici che si arrampicano ovunque) si estinguessero in questo preciso istante. Cattiveria? No, sincerità.
    Ovviamente chi va a dire queste cose a un vegano o su un forum veg è un troll che vuole provocare e buttarla in rissa verbale, mentre io ritengo che se ognuno capisse quando è il luogo e il tempo di tacere si potrebbe convivere pacificamente senza andare ad urtare per divertimento la sensibilità del prossimo.
    Mi è capitato tante volte di leggere messaggi di utenti che venivano su Vegan Home a raccontare, per esempio, di come avevano sterminato gli scarafaggi o altri insetti, cercando una sorta di approvazione e scaricando i sensi di colpa in “non avevo altra scelta”: pur sentendomi vicina a chi confessava queste cose pensavo che avrebbero potuto tenerlo per sè senza andare a raccontarlo a dei vegan.

Per altri aspetti invece, senza considerare tutte le cose fondamentali che ho imparato e che faranno parte per sempre del mio bagaglio culturale, la causa vegan mi ha fatto aprire gli occhi sulla realtà e continuerà a starmi a cuore, ad esempio nell’impegno contro le pellicce, contro zoo, acquari e circhi con animali, che andrebbero chiusi concludendo con questa generazione il novero degli animali selvatici in cattività. La loro sofferenza per il nostro divertimento è pura follia. Inoltre è importante continuare a diffondere le informazioni sulla necessità della sterilizzazione degli animali, fondamentale per arginare il crescente randagismo e il sovraffollamento dei ricoveri per animali abbandonati.
Infine, credo fermamente che sarebbe giusto tornare a un mondo più ecosostenibile e ad un’alimentazione più sana, che non sia inutilmente ingorda di sofferenza altrui.

Concludendo con un bilancio complessivo, la mia esperienza vegan è stata per me un momento di grande crescita personale.
Grazie a questi anni mi sono fatta un’ampissima cultura in tema di alimentazione, industria alimentare, nutrienti, inquinamento ed ecosostenibilità; inoltre il mio modo di mangiare è mutato radicalmente, nutro un rispetto profondo per ogni singolo alimento di cui mi nutro e non mi sognerei mai di sprecare nulla o di denigrare in qualsiasi modo ciò che mangio.
So che spendere qualcosa in più per prodotti artigianali e a km zero non è solo una scelta naif, ma vuol dire smettere di finanziare gli allevamenti intensivi e le macellazioni disumane, usando cibo di qualità altissima.
Ho ridotto al minimo indispensabile per la MIA salute e per il MIO benessere la sofferenza animale, senza che la mia esistenza sia sacrificata per altri e senza pretendere che gli animali vivano in toto per me, ma rimettendo me stessa al centro della mia vita, come è giusto che sia.

Leggi anche
Vegan: significato, dieta, carenze e animali.
Armocromia: la mia esperienza col test delle stagioni (autunno soft profondo).

Dorothy 🌸

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46 pensieri su “Perchè non sono più vegan: la mia esperienza

  1. Aurora says:

    Ciao Dorothy. Spero tu possa vedere il mio commento e rispondermi.
    Sono onnivora, da sempre: amo mangiare, amo la carne, la verdura, i formaggi, tutto.
    Tendenzialmente sono molto magra, 47-48 kg per 1.58. Mangio volentieri ed abbondantemente, ma temo la mia costituzione mi impedisca di prendere peso (il massimo a cui sia mai arrivata è 50).
    Fin da piccolina ho sempre avuto una forte empatia verso gli animali, anche le creature più piccole e per le quali normalmente non si dovrebbe provare empatia, come i moscerini.
    Nonostante ciò, non mi è mai passato neppure per l’anticamera del cervello di diventare vegetariana. Probabilmente se fin dalla tenera età avessi saputo delle violenze che si celavano dietro la bistecca che mangiavo, dietro la spinacina Amadori o dietro il mio piatto di würstel, chissà… forse le cose sarebbero andate diversamente.
    Oggi sono appassionata di Filosofia, rifletto moltissimo e mi viene facile ritrovarmi in filosofie dalle tendenze panteistiche che richiedono a tutti i costi il totale rispetto verso gli altri animali. Se penso a da dove proviene la carne ed al pesce che mangio, pur non azzardandomi a fare del male a una mosca, sto chiaramente contribuendo a tanta violenza ella distruzione dell’ecosistema.
    Il mio sogno è potermi nutrire di carne fresca, prodotta all’aria aperta, dove gli animali pascolino, mangino erba buona, non vengano imbottiti di medicinali e non vengano sgozzati in massa. Una carne che non abbia a che fare con gli allevamenti intensivi, (così come le uova ed i latticini, ma questi sono già più facilmente reperibili). Se ho ben capito è il tipo di carne che cerchi di procurarti tu, giusto?
    In tal caso, dove la acquisti? È difficile da reperire?
    Spero di ricevere risposta. Complimenti per il bell’articolo.

    • Dorothy says:

      Ciao Aurora,
      Scusa per il ritardo della mia risposta e grazie a te per il gentilissimo commento!
      Il consiglio più utile che posso darti è di sfruttare i contatti di famiglia: si conosce sempre qualcuno che, direttamente o indirettamente, alleva animali in piccole fattorie a conduzione familiare nell’entroterra delle nostre città, basta solo tirare fuori l’argomento.

      Spesso anche i mercati ortofrutticoli e gli agriturismi possono essere degli ottimi punti di riferimento per mettere in contatto il consumatore finale con i piccoli produttori agricoli, soprattutto per carne bianca e uova, a prezzi assolutamente accessibili.
      Si tratta di aziende spesso senza certificazione biologica, ma trattandosi di piccole fattorie che producono anche per il consumo familiare, trattano spesso i loro pochi animali nel modo migliore possibile e con standard paragonabili al biologico.
      È l’opzione economicamente migliore, ma un po’ più complessa da attuare.
      Online si trovano anche delle iniziative che raccolgono la spesa settimanale dai piccoli produttori locali e consegnano a domicilio carne, pesce, uova, verdura e tutti i viveri il più possibile biologici e a km 0.

      La filiera del biologico al supermercato è invece ben più facile da reperire, ma fa capo ad aziende più grandi o cooperative che devono rispettare standard e certificazioni costose: la carne ha un prezzo molto elevato ed è la certificazione a garantire che gli animali abbiano ricevuto uno spazio adeguato, vita all’aria aperta, mangime biologico adeguato alle loro naturali necessità, assenza di antibiotici e macellazione più tardiva.
      Ne vale sempre la pena, ma non è l’opzione più accessibile economicamente.

      Buona serata e grazie ancora!
      Dorothy Danielle

  2. Ale says:

    Ho terminato l’articolo in più che una manciata di minuti… nelle tue delicate pagine vorrei inserire un’altra sfumatura, la mia storia è il tuo vissuto al contrario.

    Io sono la ragazza che è cresciuta provando una sorta di “repulsione” verso la carne fin dalle elementari, quando tornavo a casa per mettere qualcosa sotto i denti. All’epoca non c’è mai stato un discorso concreto dentro la mia testa, ero solo una bambina dopotutto, dispiaciuta e avida di domande e nessuno vicino che avesse risposte sufficientemente esaustive da dare.
    Infanzia pensierosa la mia, con il peso dei dilemmi dei bambini, le scarpe di cuoio e zelanti punti interrogativi a cui gli adulti cercavano di non dare nomi, crescevo sputando di nascosto dentro il tovagliolo.

    La situazione iniziò ad essere paradossale alla fine della quarta classe quando gli insegnanti cercarono di educare il mio corpo lasciando che fossero le ore passate a fissare il piatto a farmi semplicemente ingurgitare.
    Buttare giù con l’acqua e non pensare, a questo ambisce un bambino confuso.
    Ci fosse stato più tempo per capire mi sarei trascinata nell’orticello e avrei preso l’iniziativa di proteggere gli animali “da ingrasso”

    Invece sceglievo di stare a guardare il corso degli eventi… con un crescendo di emozioni ogni sera cercavo la mia cena a base di pollo e la zuppa di verdure con spezzatino, circondata dai visi incoraggianti dei parenti, una dolcezza che serbo cara.
    Non mi sento di biasimare nessuno in questa storia, nemmeno una mamma che nei momenti di buona condivideva i suoi ricordi di bambina povera che attendeva le domeniche per mangiare carne – il cibo dei benestanti del paese.
    E c’erano quei campanelli d’allarme dal pediatra, il colorito pallido a cui nessuno sarebbe mai venuto in mente di imputare la natura.
    La statura minuta aiutava poco la causa, e aver letto più libri della maggior parte delle mie coetanee poteva solo ampliare l’eco dei loro sguardi insofferenti, c’era poco di cui andar fieri insomma.
    Ricordo un episodio particolarmente lugrubre, qualcosa che ha rafforzato le mie giovani convinzioni.
    Un natale lontano arrivò un capretto a casa, bruttino, giovane, prendeva il latte dal biberon, era affamato e scelsero di dargli proprio il mio con il ciuccio distrutto.
    Puzzava di terra bagnata, farci amicizia era fuori discussione e lo tenni fuori dalla mia vita.
    Lo vidi di rado, alla fine ripiegarono per stallarlo in un sottoscala, protetto dal vento dai mattoni con qualche maglione che si cambiava sporadicamente, finché due uomini non se lo vennero a prendere .
    “Ci serve per stasera” sbrigativi lo caricarono in un furgone, e semplicemente non lo vedemmo più.
    Rimuginai molto… quella cosa lì è andata via, hai poco di cui meravigliarti.

    A differenza di altri, l’indottrinamento non c’è mai stato, da ambo i mondi ho avuto giudizi sterili, decisi ma pur sempre vuoti e aggrappati alle etichette di quel concetto che abbiamo fossilizzato negli anni. Le cose che so le ho viste con gli occhi, lette nei libri…
    Ho visto sgozzare un maiale e frustare un cucciolo di asino, ho visto animali, nel loro essere vuoti d’animo.
    Non voglio attribuire loro sentimenti umani… voglio parlare di istinto, di ferocia, alla fine una morte rimane una morte e il dolore rimane dolore.

    Di acqua sotto i ponti ne è passata da allora… Posso giurare di non essermi mai sentita sul punto di mettermi in discussione. Dicono “solo gli stupidi non tornano indietro” ma quanto dobbiamo essere coraggiosi per continuare ad andare avanti?
    Girare le spalle è un attimo, infondo.
    Qui si parla sempre del perché si agisca in modo diverso… la trovo una domanda troppo netta per noi… penso sia il profumo delle situazioni -aiuta a identificarne il gusto, ma la carne – grassa, succulenta, ripiena, spezzata, stufata – non ha mai avuto profumo, c’è odore e un concetto da principio che si basa su un egoismo che non tutti gli uomini hanno.
    E non parlo di connessioni o slogan, parlo di cosa troviamo giusto, del buono o cattivo che ci insegnano nei primi anni di vita.
    Il mio peso è sempre stato sotto la media per delle carenze ereditarie che affaticano le gambe, il fitness non è mai stato nelle mie corde ne saprei da che parte iniziare per cucinare raffinato.
    Non è come avere l’alternativa alla carne perché la carne non è per me opzione. L’estremismo non mi appartiene, vivo nel mio piccolo mondo incasinato cercando di rendermi felice.
    Ho degli esempi…
    Il mio pane ripieno a lavoro, olio di casa per focacce alle olive, polenta, il pan di Spagna agli agrumi, le torte di verdure, le vellutate contro il freddo e il budino ai biscotti contro il caldo…
    E ci sono le zuppe, le bruschette semplici o con crema di pistacchio, le macedonie, la pasta al pesto di noci, di basilico, le maxi focacce di frittata, gli gnocchi di patate… niente di davvero impegnato.
    Cucino con un piacere tale da sentirmi follemente libera. Ne ho sempre fatto un piccolo vanto. Sono in particolare attaccata al mio ideale di un mondo meno irruento.
    Con il tempo la famiglia ha inglobato a tavola il fatto che ci fosse una fettina in meno da comprare, la persona che ho accanto invece mi ha semplicemente incontrato così.
    Mai un irritarsi o mostrarsi scontento, amerebbe essere così libero.
    Posso spiegarti che non è del tutto vero che il mondo ti da contro, porsi contro il mondo scatena astio.
    Reputarsi qualcosa o darsi dei titoli quando siamo niente di più che persone cresciute in posti del mondo diversi – alcuni nel lusso, altri no.
    Forse… è complicato volersi impossessare di un concetto che non ci appartiene. In fin dei conti, mangiare ti definisce.

    Un abbraccio
    Ale

  3. Gigi says:

    Attualmente sono vegetariana da ormai diversi anni, ma ho sempre amato la carne… negli ultimi mesi ho iniziato a chiedermi cosa mi ha spinto a diventare vegetariana, se effettivamente l’unica motivazione è quella etica o ci sono pensieri subconsci più “elaborati” di cui non mi sono accorta (un senso di ordine e presa a carico della mia vita in un periodo incasinato)… inoltre spesso mi sento un peso in quanto conosco pochissimi vegetariani (che comunque non rientrano nella mia stretta cerchia di amicizie)

    Il problema più grande è riuscire a parlarne con gli altri, i miei genitori non hanno mai accettato questa scelta e so benissimo come reagirebbero, le poche persone veg che conosco mi insulterebbero, il mio compagno esulterebbe in quanto onnivoro e tutti gli altri farebbero battutine… forse hai ragione tu, è meglio tenere per se la propria alimentazione

    Hai ragione anche per quanto riguarda il proprio equilibrio, l’alimentazione è una questione molto personale, trovo fin troppo semplicistico suddividerci in categorie e pensare che possano andare bene per chiunque

    • Dorothy says:

      Ciao Gigi,
      Non posso che mandarti tutto il mio sostegno per qualsiasi decisione tu voglia prendere e che soprattutto ti faccia stare bene, con te stessa, col tuo corpo e con le tue energie.
      Nel caso riterrai che la scelta giusta sia inserire dei prodotti animali nella tua alimentazione, semplicemente non hai bisogno nè di avvisare nè di giustificarti, e se qualcuno si permette di fare qualche battuta, la risposta è una sola: solo gli stolti non cambiano mai idea nella vita.
      Magari fai anche riflettere chi eventualmente ti critica su quante volte ha avuto la forza di mettersi in discussione come stai facendo tu.
      Auguri per tutto e buona giornata!

      Dorothy

  4. Ilaria says:

    Ciao ho trovato la lettura di questo articolo molto interessante. Trovo orribile che le nostre scelte alimentari possano diventare fonte di discriminazione. Premettendo che sono onnivora, credo che tutti gli estremismi siano sbagliati, per questo trovo assurdi i vegani arrabbiati che spesso fanno vedere in tv per aumentare le % di ascolto, tanto quanto gli onnivori aggressivi che celebrano la carne a tutte le ore. Mangiare carne quasi tutti i giorni non fa bene.
    Personalmente consumo carne 1-2 volte a settimana, ho eliminato le carni conservate e il formaggio (tranne se sono a casa di altre persone o a cena fuori). Per il resto alterno legumi, pesce e uova. Compro frutta e verdura biologica alla cascina vicino casa (anche perché quella del supermercato costa il doppio e c’è meno varietà) e mangio cereali integrali biologici.
    Mi permetto di fare una precisazione sulla base della mia esperienza lavorativa. Se siete vegani é importante che assumiate un integratore di vitamina B12 (lasciate stare tutte le storie che girano sulle alghe e i batteri), e che teniate sotto controllo la vitamina D (in realtà a questo dovrebbero stare attenti tutti perché spesso anche gli onnivori hanno delle carenze) infine, consumate acqua calcica e usate latti vegetali arricchiti in calcio.
    Buonaserata a tutti 🙂

    • Dorothy says:

      Buongiorno Ilaria e benvenuta,
      Ti ringrazio per aver condiviso la tua posizione, sulla quale, come avrai intuito dal mio articolo, mi trovi largamente concorde.
      Riguardo la vitamina D, si tratta di un integratore che consiglio vivamente anche alle mie clienti; chi frequenta assiduamente questo umile spazio ha perfetta coscienza dell’importanza di questa integrazione, soprattutto tenendo presente che in concomitanza con molti trattamenti dermocosmetici si ha la necessità di applicare spesso protezioni solari o di evitare totalmente la luce.
      Sui prodotti arricchiti di calcio non sono totalmente d’accordo, visto che una buona integrazione di vitamina D aumenta già di molto la biodisponibilità di questo micronutriente ed un eccesso potrebbe essere dannoso. Meglio allora un multivitaminico e multiminerale che copra la RDA equilibrata di un ampio range di molecole a rischio carenza.
      Buona serata anche a te,
      Dorothy Danielle

  5. michela says:

    Ciao, anche io sono una ex vegana, sono stata vegana per un anno. La carne in realtà non mi è mai piaciuta quindi non era stato un problema toglierla , il problema è che dopo un po’ ho iniziato a sentirmi male : Problemi gastrointestinali come crampi dopo mangiato, nausea, debolezza, vomito e dolori muscolari… Le mie analisi erano perfette se non fosse per la vitamina D di cui sono risultata fortemente carente (e si trova soprattutto nel pesce). Inoltre sono risultata allergica al nickel che è contenuto in parecchi cibi vegetali. Questo vuol dire che tutti i legumi per me sono vietati così come soia e derivati come tofu in pratica tutto quello che mangiavo da vegana! Ho dovuto allora fare una scelta tra etica e salute e ho scelto la mia salute… Non posso continuare a stare male. Quindi ho reintrodotto il pesce, per le proteine e gli omega 3. La carne però ormai non riesco più a mangiarla, ho repulsione così come non compro latticini e uova, ciononostante se qualcuno a casa sua mi offre un dolce anche se non vegano lo accetto senza problemi. Insomma sono arrivata a un compromesso. Si dice sempre che la dieta vegana fa bene alla salute ma non per tutti è così, ogni caso è a sé. Se non fossi stata allergica al nickel avrei continuato con l alimentazione vegana , che personalmente mi soddisfava totalmente anche a livelli di gusto , ma purtroppo per la mia allergia si è rivelata deleteria e non voglio più stare male.

    • Dorothy says:

      Ciao Michela, benvenuta e grazie per aver condiviso la tua esperienza!
      Che dire, non posso che concordare sul fatto che l’alimentazione sia un aspetto della vita collegato a troppi fattori soggettivi perchè possa trattarsi di un tema standard per tutti, ma soprattutto spero che la tua allergia al nickel non sia grave e che tu riesca a tenerla sotto controllo anche mangiando pesce, visto che purtroppo, per i livelli di inquinamento marino da metalli pesanti, è diventato rischioso anch’esso.
      Ti faccio dunque i miei migliori auguri per la tua salute!

      Mi perdonerai se mi permetto solo di correggerti una piccola cosa, inesatta da un punto di vista strettamente scientifico: la carenza di vitamina D non è collegata all’alimentazione, poichè viene sintetizzata attraverso la cute da recettori stimolati dai raggi UVB durante l’esposizione solare. Ne è carente circa l’80% della popolazione europea, soprattutto in questa stagione, e per quanto si trovi (in quantità comunque insufficiente) nell’olio di fegato di merluzzo, si assume praticamente solo stando al sole. Se l’argomento ti interessa, ho pubblicato questo articolo in merito.

      Buona serata e a presto,
      Dorothy Danielle

  6. Elena says:

    Ciao, sono nuova sul tuo blog, mi ci sono.imbattuta per caso cercando un altro articolo che avevo letto sull’argomento. Ti faccio i complimenti per la sincerità e il coraggio di una scelta contro-corrente. Io, personalmente, non sono vegan per convinzione anche se provo spesso ribrezzo anche io nel mangiare la carne. Tuttavia credo che la scelta vegan non sia la.soluzione… penso piuttosto sia meglio cercare di mangiare animali allevati in piccole realtà e mangiare meno carne in generale così da ridurre il fabbisogno mondiale ( occidentale, forse è meglio dire) che ha spinto alle creazione degli allevamenti intensivi. Tuttavia non sopporto chi non mangia una certa “categoria” dibestie secondo un’improbabile classifica di simpatia con le bestiole. Penso che le creature abbiano tutte pari dignità e che semplicemente alcune sono anche il nostro cibo, altre no. Allo stesso.modo.non credo che ci sia una combutta fra ricercatori sadici pro sperimentazione-animale e che se ancora.si continua a praticarla sia perché ad oggi non esiste ancora una valida alternativa. Fra l’altro trovo falsa e ipocrita la campagna degli antivivisezionisti che si servono di immagini vecchie e assolutamenti non rispondenti alla realtà dei laboratori…
    Ciao ancora e buona giornata!

    • Dorothy says:

      Ciao Elena,
      Grazie per il tuo gradito contributo!
      Non posso che concordare con molte delle tue considerazioni, come già esposto nel mio articolo; soprattutto credo nella necessità di ridurre la quantità per privilegiare la qualità della carne, considerando che oltre ad una vita sicuramente più dignitosa per l’animale si ottiene un alimento più sano, sia a livello di nutrienti che di residui antibiotici o in generale medicinali.
      Ovviamente chi riesce ad essere del tutto vegan ha la mia massima stima, ci mancherebbe altro, e allo stesso modo non mi permetterei mai di giudicare male chi fa scelte “a sentimento” su cosa mangiare e cosa no, d’altronde le scelte altrui non tolgono e non aggiungono nulla alla mia cena e alla mia esistenza.

      Condivisibilissima l’idea che non esistano ricercatori sadici che per puro amore della tortura facciano sperimentazione animale, cosí come è altrettanto giusto augurarci che delle alternative arrivino presto.
      Purtroppo su internet gira qualsiasi cosa e, come in ogni famiglia/gruppo che si rispetti, anche tra gli animalisti ci sono personaggi un po’ troppo impulsivi e con scarso background culturale, che sminuiscono con le loro uscite l’impegno di tanta altra gente che sostiene le proprie convinzioni con maggiore realismo e compostezza.
      Tutti in famiglia abbiamo qualche parente imbarazzante che si spera non abbia mai accesso a internet, è più o meno la stessa cosa, bisogna solo pazientare e soprassedere dando credito invece a chi ragiona.

      Buone Feste e buona serata! Ancora benvenuta,

      Dorothy Danielle

  7. Carmen says:

    Ciao Dorothy, io sono vegana da 5 anni e posso dirti che per vivere serenamente questa scelta bisogna essere centrati su stessi. Se non si riesce più a vedere gli animali come cibo, cavie, passatempi divertenti, materie prime per abbigliarsi, ecc., si cercano alternative (ce ne sono sempre di più) e il problema è risolto. Si può vivere vegan in salute e serenità solo se è una scelta fatta con consapevolezza e non sulla base dell’onda che ci ha travolto guardando un video. Quello che intendo dire è che nella vita, ogni scelta che si fa, la si dovrebbe fare considerando prima di tutto se stessi, se il veganismo pesa ed è vissuto male, non ci si deve intestardire a continuare con uno stile di vita che non si sente proprio, sarebbe una forzatura e le forzature non vanno mai bene, in nessun caso. Quello che mi è saltato agli occhi leggendo la tua confessione è l’importanza che hai dato e che dai all’opinione altrui. L’opinione che conta davvero riguardo alle azioni della vita di ognuno dev’essere sempre e solo una: la propria. Finché consensi e disapprovazioni hanno un peso, si rimane decentrati da se stessi e questa condizione porta inevitabilmente a fare scelte sbagliate. Un caro saluto, Carmen.

    • Dorothy says:

      Ciao Carmen, grazie per la tua testimonianza.
      Credo che una precisazione sia doverosa: le opinioni altrui sono sempre ben accette ma non hanno alcun peso sulle mie decisioni, augurandomi sia così per la maggior parte delle persone adulte.
      Il problema si pone quando l’opinione diventa critica aggressiva, violenza verbale finalizzata ad affossare il prossimo e in qualche modo a “vincerlo” o screditarlo. In questi casi si rischia di essere costantemente sotto processo, nella necessità di giustificarsi per ogni respiro. Non va bene.

      Essendo una persona tendenzialmente poco interessata a giudicare pubblicamente quello che fanno gli altri e che mai si permetterebbe di assumere comportamenti passivo-aggressivi contro chi non condivide le mie idee, trovo estremamente fastidioso quando conoscenze di cortesia ingeriscono così tanto nei miei spazi.
      Per questo ho deciso di adottare e consigliare, per il quieto vivere, la sana pratica di NON raccontare mai cose troppo personali oltre una ristretta cerchia di fidatissimi.
      “Qualsiasi cosa tu dica potrà essere utilizzata contro di te” è un concetto sacrosanto non solo in ambito giuridico, ma sempre. Dunque perchè complicarsi la vita quando ci basta chiudere un po’ di porte e armarsi di un diplomatico, impeccabile sorriso? 😉
      Buona serata,
      DD

      • Carmen says:

        Cara Dorothy, condivido pienamente il concetto ma se rifletti un attimo, siamo proprio noi stessi a dare agli altri l’opportunità giusta per commentare (spesso a sproposito) sulle scelte del nostro quotidiano, oggi più che mai. Nell’era dei social network, le persone sono diventate estremamente esposte e influenzabili e questo è davvero un fatto preoccupante. Spesso, si rimane vittime dei condizionamenti sociali e non si ha il coraggio di decidere della propria vita per il timore che la nostra scelta possa essere non accettata dagli altri. Questi condizionamenti ci costringono a rinunciare alla libertà di vivere secondo coscienza e ci ritroviamo, per esempio, a non avere il coraggio di cambiare stile di vita passando a vegan perché la famiglia o gli amici remano contro. Ma remare contro non significa solo disapprovare apertamente, ci sono anche tutta quella serie di abitudini, tradizioni, condizionamenti culturali in genere che ci demotivano al tal punto da smontare il coraggio di fare quello che veramente vorremmo fare nella vita. Allo stesso modo una persona che ha fatto una scelta e che, vivendola, non la sente più sua perché le crea disagio (come è successo a te) si ritrova vittima di tutte le dinamiche che la circondano, con l’inevitabile innescarsi di un malessere che fa vivere male, appunto. Tu sei stata brava e, a quanto sembra, hai superato ma molti trascorrono la vita intera così. Tornando ai consensi e alle disapprovazioni, è verissimo che meno si racconta meno giudizi si hanno, ma a questo punto mi chiedo perché se sei giunta a questa consapevolezza, hai scritto questo post che riguarda comunque un fatto privato? I blog, i forum, e tutti quei mezzi che servono per condividere un tema specifico (depilazione, informatica, musica, ecc.) vanno benissimo e ben vengano ma qual è la ragione di raccontare il privato? Cosa c’è dietro questa esigenza?

        • Dorothy says:

          Buongiorno Carmen,
          il condizionamento sociale avviene in qualsiasi ambito, dalla scelta del lavoro alle relazioni, ci si augura che crescendo si riesca a discernere quando è conveniente o giusto sottostare a dogmi sociali e quando invece è importante e necessario contrastarli apertamente. Non è nulla di nuovo sotto il sole, l’intelligenza sta nel capire cosa scegliere per sè stessi ed eventualmente quali filtri adottare nel mostrare queste scelte al prossimo.
          La comunicazione delle proprie scelte in ambiente non protetto ha dei grossi rischi in determinate condizioni che, nel mio caso, non si verificano:
          – chi legge questo spazio non mi conosce personalmente, non ha alcuna influenza sociale sulla mia sfera privata e non può danneggiarmi in alcun modo con critiche riguardanti quanto scrivo.
          – Non solo; chi legge, pur potendo pensare ciò che vuole, non può esprimere quello che pensa in modo paternalistico, aggressivo o offensivo, perchè, essendo questo spazio di mia proprietà, verrebbe cancellato e bannato in tempo zero senza risposta alcuna.
          Non preoccuparti, i giudizi che possono arrivarmi da questo post sono del tutto innocui.

          Davvero hai necessità che ti spieghi perchè questo post è stato pubblicato?
          Nessuna esigenza di condividere i fatti miei, non preoccuparti.
          Visto che oggi mi sento generosa, ti svelerò il “grande” segreto che si cela dietro la (non pervenuta) esigenza di condivisione. Seguimi bene. 😉
          Tutti noi abbiamo delle storie da raccontare che possono interessare al prossimo e, in particolare se si utilizza la rete non come consumatori ma come produttori di contenuti e valore, bisogna saper scegliere quelle esperienze che possono tornarci utili e saperle raccontare in modo fruibile.
          Questo articolo mi porta parecchie migliaia di nuovi utenti, una parte dei quali è certamente in target per i restanti contenuti di questo sito, nei quali può riscontrare il medesimo equilibrio e razionalità che, a detta di molti, traspaiono da questa esperienza qui condivisa.
          Difficilmente chi ha critiche per quanto ho scritto qui può apprezzare il mio approccio agli argomenti dermocosmetici e legali, che mi competono maggiormente: è un articolo perfettamente in target per la divulgazione dei miei contenuti professionali.

          Buona giornata,
          Dorothy Danielle

  8. Rynn says:

    Sono nella tua stessa situazione e ho ripreso l’alimentazione sana seppur onnivora che avevo prima di diventare vegan ma…oltre a mio marito e mia figlia nessuno lo sa e così deve rimanere! Non sono pronta né penso che lo sarò mai, a subire insulti da quelli che ora sono miei amici (vegani). Lo tengo per me e amen 🙂

    • Dorothy says:

      Ciao Rynn!
      Hai fatto benissimo, se sai che andresti a subire polemiche e vessazioni di vario genere hai tutto il diritto di tenere questa cosa per te.
      Qualora dovessero rendersene conto, vedrai comunque che i veri amici resteranno e non ti faranno pesare la cosa.
      Buona serata,
      DD

  9. Angela Carter says:

    Mi va soltanto di dirti quanto io sia d’accordo con te. In maniera allarmante. Per quanto riguarda il vegetarianismo siamo arrivate alle stesse conclusioni. Passando, pure, per lo stesso spirito di analisi. Poi, nessuno è perfetto, quindi chissà quanto ancora io stessa ho da imparare e cambiare giustamente idea…
    Io, mangio ancora meno carne e solo biologica (ha una quantità di grassi decisamente inferiore e un sapore leggermente diverso) e bianca. Assestata sulla media attuale di un paio di volte al mese, sto bene, mi sento bene e non m’ammazza nessuno. Beh, sì, insomma… Quasi 🙂 Mangerei solo pesce, ma non sempre riesco a trovare quello azzurro e/o piccolo a prezzo accessibili e non d’allevamento, quindi ripiego su carne bianca. Non mi trucco da anni, solo mascara e correttore se mi viene il brufolino, quindi dei prodotti cosmetici non mi curo, per ora… Il miele non me lo toccate!!! D’inverno mi finisce in una settimana!
    Però, vegana non lo sono mai stata, mai pensato di esserlo per un nanosecondo, la maggior parte degli “esponenti” mi lascia stizzita ed anche preoccupata, se mai dovessero prender piede. Disprezzano talora il genere umano, ma non capiscono che l’umanità ha bisogno di migliorare in modo decisamente più olistico, la Terra non è ad appannaggio solo di alcune specie animali. Quindi non solo gli esseri umani, ma nemmeno le altre specie, che di certo non hanno le straordinarie possibilità di miglioramento della nostra stessa specie.
    Ciao e grazie per la tua interessante testimonianza!

    • Dorothy says:

      Ciao Angela, grazie mille a te per le gentilissime parole e la tua interessante storia!
      Anche io mangerei solo pesce, molto più leggero, ma anche qui, col passare del tempo, mi rendo conto che nel giro di due o tre settimane sento l’energia che cala e la necessità di mangiare carne, in quei casi ripiego sulla rossa.
      Non escludo che possa essere un effetto placebo psicologico, ma mi sento duemila volte meglio…
      Di carne biologica se ne trova purtroppo davvero poca, avendo in famiglia una fattoria (purtroppo lontana) conosco bene la differenza di cui parli e personalmente sono allibita dal sapore inesistente delle carni generalmente vendute da allevamento industriale.
      Insomma, ci siamo capite alla perfezione. 😉
      Grazie ancora,

      Dorothy Danielle

  10. Ephraim says:

    Bell’articolo e bella storia! L’unica cosa che ci tengo a correggerti è sull’olio di palma. Su quello c’è un grande dibattito mediatico per criminalizzarlo, ma che non ha assolutamente riscontri scientifici: a) non è vero che è cancerogeno, o meglio che è più cancerogeno di altri oli vegetali se portati ad ebollizione: il grado di tossicità è lo stesso di quello di altri oli di semi: l’unico olio che si salva è quello di oliva; b) non è vero che danneggia l’ambiente, anzi è l’olio di semi che ha l’impatto ambientale più basso perché la palma, a parità di ettari coltivati, riesce a produrre più semi che altre piante da olio; c) il fatto che costa meno, dipende sia dalla quantità maggiore di materia prima che dalla facilità di lavorazione, cosa che ha fatto nascere la campagna di disinformazione sponsorizzata da produttori di olio di mais, girasoli e di semi vari.

    • Dorothy says:

      Ciao Ephraim, ti ringrazio.
      Mai sostenuto che l’olio di palma sia cancerogeno nè tantomento tossico.

      Sul fattore ambientale il problema della deforestazione selvaggia è (o al meno era al momento della stesura dell’articolo) rilevante proprio riguardo alla produzione di questo olio, ma lo sarebbe stato con qualsiasi tipologia di coltura.
      La questione non migliora se guardiamo i terreni sottratti alle foreste per produrre foraggio per allevamenti, per cui non se ne esce.
      Non parliamo poi se dovessimo sostituire tutto l’olio di palma usato nell’industria alimentare con del burro: non basterebbe un altro pianeta.
      Quindi si, economico e produttivo, tuttavia pur non avendo colpe non costituisce la soluzione al problema della deforestazione, dove forse dovremmo parlare di produzione industriale eccessiva e di spreco alimentare.

      La mia critica all’olio di palma, ad oltre un anno dalla stesura di questo articolo, per cui con documentazioni diverse alla mano e con sicuramente maggiore chiarezza e lucidità, è puramente nutrizionale.
      Siamo tutti d’accordo sul fatto che chi va di fretta ricorre ad un’alimentazione basata principalmente su prodotti veloci, spesso pronti e semilavorati.
      Posso dire che quando ho scritto questo articolo la varietà di cibi “pronti” vegan era estremamente limitata e in generale i grassi saturi (di solito palma e cocco) erano una costante. Ovunque.
      Da onnivori la possibilità di cuocere o mangiare “cose veloci” è estremamente più ampia, anche senza ricorrere a semilavorati e certamente senza infilare grassi saturi ovunque (che si tratti di l’olio di palma o il burro, o peggio ancora il cocco, è uguale) se non assumendo quelli naturalmente contenuti nel cibo scelto.

      Per quanto gli oli di semi, ma anche il classico olio di oliva, siano meno efficienti a livello produttivo e molto più cari dell’olio di palma, la composizione di quest’ultimo è molto più dannosa (dove dannoso non indica tossico nè cancerogeno, ma riguardi i problemi per l’organismo legati alla metabolizzazione dei grassi) semplicemente contenendo maggiori quantità di acidi grassi saturi, che superano il 50% del peso. Come se ciò non bastasse si tratta molto spesso di olio raffinato per cui privato di antiossidanti e altri nutrienti utilissimi (tocoferoli, ubiquinone, retinolo).

      La qualità superiore dell’olio vegetale di altra tipologia risiede quindi tutta nella sua composizione nutrizionale, sottolineando che mais, girasole e olio EVO hanno solo il 13-14% di acidi grassi saturi e l’olio di arachidi arriva “addirittura” al 17%.

      Detto ciò, ovviamente l’impatto ambientale è diverso e non sarebbe sostenibile intecambiare queste produzioni, per cui ritorno all’idea di partenza: sarebbe necessario contenere la produzione di lavorati industriali puntando sulla qualità e soprattutto limitando lo spreco alimentare.

      “Tutto qui” 😉

      Dorothy

      • Ephraim says:

        Grazie della risposta praticamente immediata! 🙂
        Apprezzo molto l’approfondimento che hai fatto, e sono contento di aver imparato qualcosa di nuovo!!! Recentemente mi sono incuriosito di tutti questi attacchi sull’olio di palma, e ho trovato accuse sul fatto che sia cancerogeno o che devastava l’ambiente, e mi ero convinto sempre di più che fosse esclusivamente un attacco mediatico!
        Anche se la mia curiosità è durata circa 2 settimane non è stata sufficiente a leggere tutto!
        Grazie ancora!

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