Qualche tempo fa ho avuto il piacere di scrivere il commento alla composizione di un siero al veleno d’api, richiesto da una gentilissima lettrice nell’ambito della rubrica cINCIschiando sulla pagina Facebook del blog.
Da subito ho riscontrato l’interesse di molte lettrici e lettori verso questo argomento: è così nata l’idea di questo articolo, un approfondimento proprio sul veleno d’api, attraverso la scoperta di come si produce, ma soprattutto per cercare di capire se funziona e a cosa serve.
Avevo quasi finito di redigere un contenuto soddisfacente quando ho ricevuto, in calce alla valutazione su Facebook del già citato siero al veleno d’api, sia il commento di una (presunta) consumatrice, che difendeva a spada tratta l’azienda produttrice, come se la critica di un cosmetico fosse un’offesa inenarrabile, sia una lunga tirata d’orecchie da parte dell’azienda stessa, in un commento che riporto qui sotto in screenshot.
Ho preferito nascondere il commento dell’azienda dalla pagina siccome, per quanto educato, rischiava di far insorgere un pessimo flame, e qui ho oscurato il nome del brand, perché non voglio far pubblicità a nessuno con il giochetto delle polemiche, né ritrovarmi la pagina piena di volantini pubblicitari, ma solo rispondere nei fatti punto per punto.
Avverto già da ora che chi farà il nome dell’azienda qui sotto si ritroverà il commento editato e tagliuzzato, tanto siete persone intelligenti e riuscite comunque a risalire al brand senza il mio aiuto, ma non voglio che ci sia alcun attacco diretto.
Purtroppo è chiaro dal comunicato che ho ricevuto che il loro Social Media manager abbia letto solo in modo molto superficiale il mio commento al loro siero, visti i tentativi di contestare anche cose che non sono mai state dette.
Evitiamo quindi che si crei ulteriore zizzania, anche perché ho già perso troppo tempo a leggere i loro report scientifici scelti a casaccio e ritengo l’argomento “veleno d’api”, con l’articolo presente, ad oggi esaurito.
Prima di passare al veleno d’api, però, tengo a sottolineare un ulteriore piccolo aspetto, valido per l’eternità.
Al contrario di ciò che viene affermato nel commento in fotografia, io non ho alcuna opinione negativa nei confronti di questa azienda, né di altre realtà che producono cosmetici, nè ho espresso alcunchè nei loro riguardi.
I rappresentanti dell’azienda non hanno alcun motivo per essere dispiaciuti della mia opinione su di loro, perchè io NON esprimo valutazioni/opinioni/commenti sulle realtà aziendali altrui.
Parlando di cosmesi funzionale si valuta il singolo prodotto, che non è rappresentativo di tutto il lavoro legato ad un marchio e pertanto NON può portare ad un giudizio sull’azienda nella sua totalità.
Chi produce cosmetici seriamente, come queste persone senza dubbio fanno, ha il mio rispetto professionale a prescindere, anche solo per la fatica e l’impegno che si celano dietro QUALSIASI lavoro. Cosa che i lettori di questo blog sanno benissimo.
Il fatto che ogni azienda si impegni e lavori duramente, tuttavia, non significa che tutti i prodotti ricevano commenti entusiasti.
Smettiamola di prendere sul personale le critiche che riguardano solo una piccola parte del nostro lavoro, meno che mai mettendo in mezzo filosofie aziendali e standard qualitativi di produzione che MAI sono stati messi in discussione.
Il veleno d’api: come si produce?
Il veleno delle api, come tutti abbiamo imparato a nostre spese almeno una volta nella vita, è secreto dal pungiglione dell’ape stessa, che lo utilizza come meccanismo difensivo qualora si senta in pericolo.
L’ape in molti casi perde il pungiglione, che resta facilmente incastrato nella pelle spessa di noi mammiferi, e successivamente muore proprio a causa di questo distacco. Non scendo nei dettagli, ma è una brutta fine.
Per la produzione del veleno d’api ad utilizzo cosmetico sarebbe un enorme spreco ammazzare un’ape per ogni singola dose di veleno, per cui è stato messo a punto un meccanismo di raccolta che permetta all’ape di espellere il veleno senza perdere il pungiglione e, quindi, di sopravvivere: si induce l’ape a pungere una lastra di vetro, chiaramente impenetrabile, così il pungiglione resta attaccato al corpo dell’animale che potrà così produrre in seguito altro prezioso veleno.
Il veleno d’api che bagna la lastra di vetro viene poi lasciato asciugare, in modo che perda la parte di acqua che lo rende liquido, mentre i residui solidi principalmente proteici che restano sulla lastra vengono raschiati e raccolti, formando la polvere di veleno d’api che viene usata in cosmesi.
Come indurre l’ape a pungere la lastra di vetro?
Come già detto, il veleno d’api è un liquido organico adibito alla difesa dell’insetto, utilizzato dalle api solo se si sentono minacciate, per cui bisogna andare a stuzzicarle un po’.
Come infastidire le api?
Semplice, viene utilizzata una griglia elettrizzata, che dia all’animale un piccolo elettroshock senza ucciderlo, ma quel tanto che basta a provocarne la reazione difensiva.
Ci viene detto che questo meccanismo è innocuo, perchè effettivamente le api sopravvivono. Personalmente non ho avuto modo di chiedere direttamente alle api cosa ne pensano, né credo che qualcuno si sia messo a fare studi comparativi e valutativi sulla qualità della vita e sullo stress delle api con o senza l’elettroshock utilizzato a ripetizione per la raccolta del veleno.
Qui sotto un comodo video didattico che mostra la produzione del veleno d’api in tutte le sue fasi. Si tratta di un filmato relativo ad un’azienda coreana che produce a livello professionale questo ingrediente, per cui non risulta cruento ma molto informativo.
Si tenga conto che non si tratta di una procedura una tantum, ma di una raccolta che viene svolta periodicamente.
Su Facebook una lettrice mi ha intelligentemente chiesto se fosse possibile creare veleno d’api sintetico, riproducendone la composizione in laboratorio senza scomodare i simpatici animaletti giallo-neri.
A beneficio di tutti, riporto qui la mia risposta:
Il veleno d’api NON può essere sintetizzato in laboratorio perché è praticamente impossibile riprodurre una secrezione animale così complessa e variabile, per questo in cosmesi non si trova MAI un veleno d’api sintetico.
Al massimo, potremmo riprodurne singole componenti, ma ad oggi nessuno lo fa.
Se ci piace, è prodotto così, se non ci piace, basta evitarlo.
Il metodo di produzione e raccolta del veleno d’api è quindi il male assoluto da evitare a tutti i costi?
Non proprio.
Come esseri umani facciamo molto di peggio al mondo e, tutto sommato, SE il veleno d’api avesse una reale, insostituibile efficacia, si potrebbe anche chiudere un occhio. Forse.
Per qualcuno, invece, già solo la questione dell’elettrocuzione è un motivo sufficiente per allontanarsi dai cosmetici contenenti veleno d’api per questioni etiche.
A me non piace decidere per gli altri quali debbano essere i loro limiti etici; su questo spazio si parla per quanto possibile di funzionalità (assente, nel caso del veleno d’api) e spero che poi ognuno scelga con consapevolezza secondo i propri valori.
Per questo sostengo anche che le aziende non debbano MAI edulcorare la realtà, ed evitare di affermare a tutti i costi che questa pratica controversa di raccolta del veleno sia rispettosa verso le api.
Chi deve decidere sono i clienti, secondo la propria etica, non le aziende, meno che mai se viene venduto come cruelty free un ingrediente che potenzialmente potrebbe non rientrare in questa categoria per molti consumatori.
Ad alcuni basta che le api non vengano uccise, ad altri no, per questo bisogna parlare chiaro senza omissioni di alcun tipo.
Omissioni che invece, nel caso del famoso siero al veleno d’api da me commentato su Facebook, si sprecano.
L’azienda afferma che “il veleno d’api da noi utilizzato è prodotto senza causare danno o morte all’animale“, una classica affermazione vaga e imprecisa da addetto marketing, che nulla svela sul reale metodo di raccolta.
Il metodo meno cruento per l’approvvigionamento del veleno delle api, come abbiamo visto, è l’utilizzo di scosse elettriche; l’ape effettivamente sopravvive senza riportare apparente danno.
Tante sono le domande a cui i lettori avrebbero preferito ricevere risposta:
- quali accortezze vengono utilizzate nella produzione del vostro veleno d’api per avere assoluta certezza che non ci sia danno o morte delle api in conseguenza, anche non immediata, dell’uso di corrente elettrica?
- potete affermare che il vostro veleno d’api sia cruelty free al punto da potervi sostituire, con la coscienza pulita, nella valutazione etica del suo utilizzo al posto della vostra clientela?
- sappiamo che le api secernono il proprio veleno solo se percepiscono situazioni di pericolo, per cui è impossibile provocarle senza causare loro alcun tipo di stress: quale percentuale di api danneggiate o morte è considerata “rischio accettabile” nella produzione di veleno d’api che vi rifornisce?
Si tratta di domande a cui ogni azienda coinvolta nell’utilizzo del veleno d’api dovrebbe rispondere, ma tutto tace.
E forse un giorno sarebbe il caso di parlare anche dell’utilizzo della pappa reale, cibo delle future api regine che tantissime aziende cosmetiche, compresa quella in questione, inseriscono nei propri prodotti, così da mettere in chiaro un bell’altarino sulla questione cruelty free che a tante lettrici potrebbe interessare, ma oggi mi tocca sorvolare.
Bisogna iniziare a capire che gli ingredienti presi in natura non sono necessariamente più cruelty free di quelli sintetici, anzi, non mi stancherò mai di ripetere che ogni scelta ha i suoi pro e i suoi contro.
Il punto è che il veleno d’api tendenzialmente non funziona come vorremmo, ha una serie infinita di criticità legate alla sua carica allergizzante e se dovessi dire a cosa serve, direi semplicemente a vendere, sfruttando una tradizione asiatica millenaria ma superata.
Al posto di fornire risposte valide alle preoccupazioni pubblicamente espresse dai lettori sulla sostenibilità etica della produzione del veleno d’api, l’azienda ha quindi pensato bene di mandarmi una supercazzola, senza rispondere con precisione alle critiche mosse e senza nemmeno aver letto bene il mio mini-articolo di commento al loro cosmetico, rifilandomi invece quattro studi scientifici presi a caso sulla funzionalità dell’ormai onnipresente veleno d’api.
Studi che ho letto con sincero interesse, nonostante avessi di meglio da fare.
Riporto a beneficio dei miei lettori le dovute considerazioni, e avverto che il risultato non ha spostato di una virgola le mie posizioni su questo presunto attivo.
Veleno d’api: COSA DICONO GLI STUDI SCIENTIFICI INTERNAZIONALI?
Studio n.1 : “Gli effetti benefici del veleno d’api sulle rughe del volto umano”
Studio coreano che coinvolge almeno un paio di rappresentanti aziendali, uno farmaceutico e uno cosmetico, quest’ultimo che produce e vende cosmetici anche al veleno d’api. Conflitto d’interessi? Concediamo il beneficio del dubbio.
Viene citato chiaramente come le api vengano indotte ad espellere il proprio veleno tramite elettroshock.
Non si tratta di uno studio in doppio cieco, ma semplicemente di test clinici su volontarie che applicano un prodotto contenente lo 0,006% di veleno d’api al fine di rilevare i risultati e raccogliere la soddisfazione del campione di donne trattate.
Si tratta di quel genere di test che si fa quando poi sul cosmetico l’azienda vuole scrivere che “il 90% delle donne è soddisfatta dopo 12 settimane di utilizzo“.
Il trattamento è stato eseguito con due applicazioni giornaliere di 4 ml di prodotto, cosa che non si ripeterà mai nella vita reale.
Per fare un paragone, la dose consigliata per una qualsiasi protezione solare è di 2,5 ml per viso e collo, e quasi nessuno riesce ad utilizzarne la dose piena; allo stesso modo un normale campioncino cosmetico supera difficilmente i 2 ml, e non credo che qualcuno ne utilizzi due in una volta sola.
I minimi miglioramenti avuti dalle volontarie di questo test sono probabilmente dovuti all’abbondante idratazione ricevuta dagli eccipienti del cosmetico e non dallo 0,006% di veleno d’api presente.
Studio 2: “Gli effetti del veleno di Apis Mellifera sulla migrazione dei cheratinociti in vitro”
Altro studio coreano che coinvolge ben tre rappresentanti (su cinque autori) dell’azienda legata al miele Manuka, per cui mi si permetta di avere dei dubbi sulla reale assenza di interesse economico nella riuscita dello studio con risultati positivi.
Trattandosi poi di uno studio in vitro, quindi ben lontano dal riprodurre le reali condizioni di applicazione di un cosmetico al veleno d’api su un organismo complesso, gli stessi autori affermano i limiti di quanto sono riusciti ad appurare in termini di guarigione delle ferite.
Studio in vitro che quindi lascia il tempo che trova, sia in termini di non-tossicità, sia in termini di funzionalità del veleno d’api.
Studio 3: “Effetti biologici del trattamento delle ferite su pelle animale con veleno d’ape mellifera”
Un altro studio coreano del 2011, ma questa volta il veleno d’api viene sperimentato sui topi.
Ai simpatici roditori vengono provocate appositamente delle ferite per la conduzione dello studio (“full-thickness skin defects were produced on the dorsal area of mice”), al fine di dimostrare che il veleno d’api sia capace di agevolarne la guarigione.
Effettivamente il veleno d’api ottiene risultati migliori rispetto alla sola vaselina e migliori rispetto alle ferite non trattate affatto.
Grazie, fantastico, non sapevo di essere un roditore e di avere le stesse caratteristiche cutanee del mio criceto.
Addio Connettivina, da domani solo veleno d’api!
I risultati sono onestamente poco interessanti e non sono completi: ci sono stati problemi allergici/infiammatori? In che modo i risultati avuti sui topi danno certezza di ripetibilità sull’uomo? Dosi utilizzate?
Ma soprattutto… C’è qualche volontario che adesso rischia lo shock anafilattico per ripetere lo stesso studio in vivo su esseri umani?
Forse era meglio che questa roba non mi venisse inviata, visto che per gli addetti ai lavori non è un problema parlare di test sui topi, ma quando si parla di cosmetici cruelty free il tema della sperimentazione animale è vagamente controverso. Auguri.
Studio 4: “Effetto dei cosmetici contenenti veleno purificato di ape mellifera sull’acne vulgaris”
Non mi risulta che il siero da me commentato fosse contro l’acne, ma già che ci siamo, perchè no, leggiamo anche questo.
Finalmente uno studio in doppio cieco, sempre di provenienza coreana, che dimostra come il veleno d’api dia risultati migliori rispetto all’applicazione di un cosmetico del tutto privo di attivi, sia in termini di riduzione delle colonie batteriche di Propionibacterium acnes, sia in termini di riduzione delle lesioni (brufoli) nel giro di due settimane.
Nulla ci viene detto su possibili reazioni allergiche e non ci sono comparazioni rispetto alle centinaia di trattamenti anti acne già normalmente utilizzati con successo in cosmesi.
Non si capisce secondo quali criteri il veleno d’api dovrebbe essere preferibile agli antibatterici oggi conosciuti e utilizzati con sicurezza contro P. Acnes, considerando anche i costi e le difficoltà di produzione del veleno.
Abbiamo bisogno dell’effetto antimicrobico del veleno d’api, quando siamo pieni di ingredienti antibatterici ovunque?
Piuttosto torniamo ad abusare dell’olio essenziale di melaleuca alternifolia, se proprio vogliamo fare i “naturalisti”, mentre per chi è interessato all’innovazione segnalo che negli ultimi anni è stata sviluppata una molecola particolare, che nasconde un antibatterico di sintesi dentro ad acidi grassi vegetali di cui il Propionibacterium acnes è ghiotto, per cui quest’ultimo viene sterminato semplicemente con un’esca e senza scomodare le api.
È chiaro che il veleno d’api non porti alcuna reale innovazione che giustifichi l’utilizzo di un ingrediente di origine animale normalmente destinato all’auto-difesa dell’ape, con tutti i problemi etici e allergici che questo comporta.
Che poi ci sia gente in giro per il web che dica di utilizzare il veleno d’api per curare l’HIV o il cancro, cosa quest’ultima citata addirittura in uno degli studi scientifici che mi sono stati linkati (il secondo), fa capire quanto la situazione stia sfuggendo di mano.
Il fatto che il veleno d’api faccia parte della medicina tradizionale e antica di molti Paesi più o meno esotici non significa che il suo utilizzo abbia un reale valore scientifico, meno che mai per AIDS e tumori, ma nemmeno in campo cosmetico.
A proposito di funzionalità del veleno d’api, ben cinque anni fa Rodolfo di Nononsensecosmethic, formulatore di professione, ha scritto questo articolo sui claim assurdi che riguardano questo ingrediente; si tratta di un’esposizione chiarissima e ancora attuale, che consiglio vivamente di leggere per avere ulteriore consapevolezza sull’argomento che stiamo trattando.
In particolare è interessante l’excursus riportato in merito all’elevata incidenza di shock anafilattici provocati dal veleno d’api, che non può essere considerato un ingrediente sicuro da un punto di vista allergico, se non utilizzato in percentuali omeopatiche e su pelle rigorosamente integra, cosa non sempre garantita.
Una serie di rischi che non valgono le millantate proprietà di questa sostanza.
Insomma, i problemi del veleno d’api vanno molto oltre la sua scarsa funzionalità.
Siamo pieni di ingredienti cosmetici innocui che fanno molto poco o nulla, e non c’è motivo di lamentarsi della loro presenza.
Il problema è il veleno d’api, oltre ad avere una funzionalità scarsa, nulla o comunque non innovativa, aggiunge sul piatto un elevato potenziale allergico e una produzione eticamente controversa.
Questo fa tutta la differenza del mondo, soprattutto per come un prodotto viene presentato.
Poi è chiaro che se un consumatore non ritiene problematico il metodo di produIzione del veleno, non riscontra problemi di sensibilizzazione e si trova bene con un cosmetico che contiene anche veleno d’api, ma ben venga e che lo utilizzi, il problema non si pone nemmeno.
Infine, la bava di lumaca.
Ne parleremo meglio, ma mi tocca rispondere brevemente anche su questo punto.
Ho scritto, confermo e ribadisco che la bava di lumaca NON funziona sulle macchie cutanee.
È pacifico che abbia buone proprietà cicatrizzanti e lenitive su ferite, pelle danneggiata o irritata, non ho mai detto il contrario, ma il trattamento delle macchie non è tra le sue facoltà.
Tra i due articoli che l’azienda del siero al veleno d’api mi ha inviato a titolo esemplificativo anche su questo argomento, solo uno parla di iperpigmentazioni e io riporto testualmente, traducendo l’unico passaggio in cui la bava di lumaca viene citata:
“Altri ingredienti funzionali attualmente studiati in vitro (sottolineo: IN VITRO, ndr) includono l’acido linoleico, che è un acido grasso insaturo, estratto da un peculiare tipo di lumaca cilena, Helix aspersa”; si passa poi a parlare di un peptide sintetico che con le lumache non ha già più nulla a che fare.
Fine. Questo è il grande ruolo ricoperto dalla bava di lumaca nelle “Modalità di trattamento delle lesioni iperpigmentate della pelle“, titolo del report linkato dall’azienda, che forse pensava o sperava che avrei abbandonato la lettura alle prime righe.
Non solo. Anche qualora l’acido linoleico dimostrasse di avere funzionalità utili al trattamento delle lesioni iperpigmentate, non si capisce perchè dovremmo estrarlo dalle lumache, quando abbiamo a disposizione tonnellate di semi oleaginosi e frutta secca che ne contengono in abbondanza.
Capisco tuttavia che la bava di lumaca venda molto di più delle noccioline.
*MIC DROP*
Dorothy Danielle 🌸
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Ciao Dorothy,
sperando di non uscire dal tema oggetto dal post e tenendomi ben lontana da commenti e giudizi etici sui prodotti cosmetici che abbiano a che vedere con il mondo animale, vorrei avere la tua opinione riguardo ai benefici (o non benifici) della bava di lumaca. Nel post la menzioni relativamente all’utilizzo come antimacchia, cosa pensi sull’utilità nell’utilizzo dei cosmetici a base di bava di lumaca come antiaging e altri effetti tonificanti e idratanti per la pelle?
Buona giornata
Cecilia
Ciao Cecilia,
La bava di lumaca merita sicuramente un approfondimento tutto per sè, con un po’ di riferimenti scientifici.
A grandi linee, se per le macchie non ha alcun effettivo potere, si tratta comunque di una sostanza estremamente idratante, che può accelerare la rigenerazione della pelle. Bisogna capire poi cosa si intende per antiage, di sicuro non toglie nessuna ruga, ma mantiene la pelle sana.
Buona serata, a presto!
Dorothy