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AUGUSTINUS BADER: cosa si nasconde dietro il fenomeno The Cream

La pubblicità della crema e degli altri cosmetici di Augustinus Bader è talmente pervasiva e asfissiante da rendere superflua qualsiasi presentazione “ufficiale” di questo brand.
Tuttavia, per chi se lo fosse perso, si tratta di una linea di skincare che porta il volto di uno scienziato tedesco, sviluppata con tecnologie asseritamente innovative, che, si dice, derivino dalle ricerche in campo biomedico di questo professore.
Mi è stato chiesto di parlarne e lo faccio volentieri.

Ad una prima occhiata rivolta agli INCI, ossia alle liste ingredienti, la prima opinione che mi sono fatta su The Cream e gli altri cosmetici di Augustinus Bader era quella di essere davanti all’ennesima linea di skincare sovra prezzata, con formulazioni buone ma non rivoluzionarie né più efficaci della media, pubblicizzate in maniera fuorviante come miracoli della ricerca scientifica.

Scavando più a fondo, tra interviste, pubblicazioni scientifiche e documentazione sui marchi registrati, la situazione non è migliorata: appare chiaro che le caratteristiche di questi prodotti, ed in particolare la storia del misterioso attivo TFC8®, vengono raccontate in modo parziale, equivoco e suggestivo.

Infatti, la maggior parte dei consumatori è convinta che i cosmetici di Augustinus Bader contengano lo stesso identico attivo che egli utilizza per il suo Wound Gel, un gel per ferite da ustione che viene presentato come la base rivoluzionaria di questa skincare.
Le cose non stanno affatto così.

Non solo. Qualcuno si sarà chiesto come mai un professore universitario e ricercatore sessantenne si sia improvvisamente scoperto imprenditore cosmetico, arrivando dal nulla e comunque riuscendo ad ottenere un gran clamore mediatico tra editoriali sulle maggiori riviste di moda e post sui social di varie celebrità, nonché fondi per massicce campagne pubblicitarie.

Queste cose accadono solo quando il co-fondatore della tua azienda è un ex Manager Director di una delle più grandi banche d’affari del mondo, con influenti amicizie ad Hollywood.
Ne parleremo approfonditamente.

Insomma, per capire il fenomeno Augustinus Bader, non bastava una semplice analisi INCI.
Prima di parlare di The Cream e degli altri cosmetici di Augustinus Bader è necessario conoscere tutti questi interessanti particolari: in questo articolo affronteremo insieme un lungo viaggio tra i retroscena del brand cosmetico più in voga al momento.

1. chi è augustinus bader?

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ritratto di Augustinus Bader, pubblicato in un’intervista a Wiley Analytical Science nel 2010

Augustinus Bader nasce nel 1959 ad Augusta (Augsburg), in Germania.
Medico e ricercatore, sin dalla laurea si è sempre interessato della cura dei gravemente ustionati, sviluppando un particolare interesse per l’utilizzo delle cellule staminali nella guarigione delle ferite da ustione, in modo da evitare il ricorso alla chirurgia.
Dal 2003 è professore ordinario di Biologia delle cellule staminali e tecnologie cellulari presso la facoltà di Medicina dell’Università di Lipzia (Leipzig).

Fino al 2017, la cosmetica non gli interessava e non ha mai sfiorato la sua vita.

Che cosa è successo nel frattempo?

La storia ufficiale ci dice che dal 2008 Augustinus Bader si è occupato di ideare e sviluppare tale  Wound Gel, un gel per curare le ferite dei grandi ustionati, in grado di stimolare la corretta rigenerazione dei tessuti, evitando ai pazienti di doversi sottoporre a interventi chirurgici di innesto cutaneo, ossia il trapianto di pelle.

Nel 2015, Augustinus Bader e altri ricercatori pubblicano sulla rivista scientifica Drug Design, Development and Therapy un articolo intitolato “Skin regeneration in deep second-degree scald injuries either by infusion pumping or topical application of recombinant human erythropoietin gel”.
In questo studio, il gel ideato da Bader, che utilizza come principio attivo l’ormone eritropoietina (EPO), viene studiato su decine di topi a cui vengono causate circoscritte ustioni di secondo grado o altre ferite cutanee. Dopo i trattamenti, le cavie vengono sacrificate per studiarne la cute.
I risultati, confrontati con gruppi di controllo in cui i topi vengono trattati solo con placebo, appaiono promettenti: una più rapida vascolarizzazione, riepitelizzazione e guarigione delle zone ustionate.

C’è un dato apparentemente marginale in questa pubblicazione del 2015: nella pelle dei topi trattati con eritropoietina viene osservata una maggiore produzione di vari marker delle cellule staminali, in particolare il CD90 (Cluster Differentiation 90).
Mettiamo da parte questa informazione, che ci servirà più avanti, quando parleremo dei numerosi brevetti registrati da Augustinus Bader per la sua linea cosmetica.

Poiché ne abbiamo appena parlato, credo sia necessario aprire una breve parentesi sull’ipocrisia del pubblicizzare i cosmetici Augustinus Bader come vegan, solo perché la formula cosmetica non contiene ingredienti animali.
Lo sviluppo dell’idea proviene  comunque da sperimentazione su cavie di laboratorio, “eticamente” ustionate e uccise in nome del progresso scientifico.
Sperimentazione peraltro condotta dallo stesso co-fondatore che rappresenta il brand, che invece è presentato come cruelty free.
Già non ci siamo.

Ad ogni modo, nelle  interviste rilasciate da Augustinus Bader ricorre spesso l’aneddoto secondo cui ci sarebbero voluti due anni di insistenze, da parte di colui che sarebbe diventato suo socio in affari, per convincerlo ad entrare nel frivolo mondo della cosmesi utilizzando i suoi ritrovati farmacologici.

Poiché il primo brevetto cosmetico di Augustinus Bader risale al 2017, possiamo ipotizzare con scarso margine di errore che l’idea di trasferire il meccanismo di azione del Wound Gel alle creme viso sia nata proprio ai tempi di questa sperimentazione del 2015.

Ma chi è questa persona che ha insistito così tanto?

2. chi c’è dietro augustinus bader?

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Augustinus Bader e il suo socio co-fondatore, Charles Rosier

Se Augustinus Bader è il volto del brand, dietro di lui c’è una figura tanto defilata quanto fondamentale in questa storia.

La nascita della skincare Augustinus Bader è dovuta soprattutto a Charles Rosier, amministatore delegato e co-fondatore dell’azienda, che certamente ha saputo cogliere l’occasione per un ghiotto e remunerativo business.
Questo signore ricopriva precedentemente un ruolo manageriale presso la Goldman Sachs, gigantesca banca multinazionale, specializzata in investimenti e servizi finanziari.

Da un’intervista rilasciata al beauty podcast Glossy nel luglio 2020, si scopre che è stato proprio Charles Rosier a suggerire ad Augustinus Bader l’idea di costruire insieme un business cosmetico.

Charles Rosier racconta che Augustinus Bader aveva delle difficoltà a trovare aziende farmaceutiche disposte a finanziare i test clinici necessari a proseguire la ricerca e finalizzare la commercializzazione del Wound Gel, il gel per ustioni di cui abbiamo parlato.
Il motivo di questo rifiuto da parte delle case farmaceutiche viene attribuito, ovviamente, non ad un dubbio sull’utilità o l’efficacia del gel creato da Bader, ma al fatto che i casi di ustione sono molto più frequenti nel terzo mondo, dove si trovano i clienti con minori disponibilità economiche, quindi meno interessanti.
Per adesso non fa una piega, ma segnatevi queste parole.

Rosier si dice entusiasta per quel gel, che secondo lui potrebbe fare la differenza nelle zone di guerra, per la Croce Rossa e le Organizzazioni Non Governative, ma sa bene che per poterlo commercializzare sono necessari testi clinici in quattro fasi, che costano decine di milioni di dollari.
Da qui, l’idea di aiutare Augustinus Bader ad auto-finanziarsi con un’azienda cosmetica.

L’esperto di finanza, che per sua stessa ammissione non conosceva il settore cosmetico prima di questa impresa, svela candidamente di aver fatto un ragionamento molto semplice – tenetevi forte: siccome il gel per ferite di Augustinus Bader è in grado di riparare la pelle ustionata facendola tornare perfetta, probabilmente può fare qualcosa anche per le rughe (‘from burnt skin to perfect skin, you can probably do something about wrinkles’).

Se un tale salto logico fosse proposto per la pubblicazione in un articolo scientifico, verrebbe esposto al pubblico ludibrio, ma sappiamo bene che, invece, il mondo della cosmesi è comprensivo e permette di sparare qualsiasi fantasia passi per la testa.

Ma torniamo all’intervista di Charles Rosier.
Il titolo è evocativo: “We don’t want to be La Mer” (Non vogliamo essere La Mer).

Per quanto Mr. Rosier provi ad allontanare l’accostamento con il brand francese divenuto un culto, la verità è che la narrazione intorno ad Augustinus Bader è molto, troppo simile a quella che accompagna La Creme de La Mer (recensita qui): uno scienziato che cura gli ustionati e dona la propria scoperta al popolo.
Un popolo pronto a ricoprirlo di soldi nella speranza di veder scomparire le rughe, aggiungo io.
In quel caso l’ingrediente miracoloso erano le alghe, oggi sono molecole più raffinate, ma l’idea è sempre la stessa: se una cosa rigenera (forse) la pelle bruciata, aiuterà per forza anche a rigenerare la pelle sana facendo regredire le rughe.
Vedremo.

Nel vano tentativo di distaccarsi con sdegno da La Mer, mr. Rosier peggiora la situazione.
Arriva infatti a dichiarare che Augustinus Bader vuole rivolgersi ad una platea più ampia possibile, senza creare linee diversificate per i più giovani, come invece ha fatto Estee Lauder (proprietaria di La Mer).
Mi sfugge la logica di questo ragionamento e credo francamente che la locuzione “platea più ampia possibile” dovrebbe essere vietata a chiunque venda SOLO creme da 250 euro.

Il professor Bader si lascia quindi coinvolgere in questo progetto, sono sicura con le migliori intenzioni possibili.
Infatti, l’azienda cosmetica promette inizialmente di investire il 10% dei proventi nella ricerca scientifica sul Wound Gel.

Augustinus Bader: le pubblicità martellanti e il successo

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Irina Shayk nella nuova pubblicità di Augustinus Bader

Siccome anche io, come tanti, ho sorbito un quantitativo raccapricciante di pubblicità che vogliono vendermi i cosmetici di Augustinus Bader, credo valga la pena spendere qualche parola in merito.

Spesso, quando si parla di cosmesi di lusso, alcuni sono portati a pensare che prezzi così alti siano giustificati dall’esclusività e ricercatezza delle formule, in modo particolare quando si parla di aziende piccole e fortemente improntate ad una funzionalità scientifica.

Se così fosse, una volta tolti i ricavati destinati alla ricerca sul Wound Gel, le tasse, i costi del materiale e la manodopera, ad Augustinus Bader non resterebbe da poter spendere un budget incalcolabile nelle compagne pubblicitarie: sono tantissime, tutte diverse e, se avete la (s)fortuna di essere in target, hanno la stessa frequenza di un martello pneumatico.

Le più divertenti sono quelle in cui personaggi più o meno celebri, raccontano in modo melodrammatico di non poter sopravvivere senza usare The Cream.

Questi testimonial, che sembrano voler “svelare un segreto” di bellezza in video pensati ad arte per sembrare registrazioni personali e confidenziali (filmati in verticale, a casa, talvolta con luce pessima e risoluzione mediocre), vengono pagati profumatamente per farsi garanti, con il loro volto conosciuto, della qualità e della credibilità dei cosmetici di Augustinus Bader.

In una di queste réclame appare la make-up artist Bobbi Brown, quella che nel 1995 ha venduto ad Estee Lauder, per decine di milioni di dollari, l’azienda di make up da lei fondata e che ancora oggi porta il suo nome.
Sembra incredibile ascoltarla mentre confida di aver addirittura accantonato il fondotinta grazie ad Augustinus Bader, quando, in realtà, sono già tanti anni che nelle interviste racconta di truccarsi molto poco e senza fondotinta, da ben prima che la linea di Augustinus Bader venisse alla luce.
Ancora più strano è ritrovare Bobbi Brown subito dopo, in un’altra pubblicità, questa volta per vendere la sua masterclass di make-up, in cui insegna a sfumare l’ombretto e… usare il fondotinta.
Credibilità, con le mani ciao ciao.

Non ci sono solo i video: dal 2018, anno di lancio del brand cosmetico Augustinus Bader, The Cream e The Rich Cream hanno ricevuto l’acclamazione degli editori delle più importanti riviste di moda, come Vogue, Marie Claire, Glamour, Allure e Cosmopolitan.
All’epoca, in Italia ne ha parlato addirittura Il Sole 24 Ore nella sezione Moda.

Com’è possibile?
Le interviste ci aiutano anche in questo caso, in particolare il già citato podcast di Glossy.

Charles Rosier, l’ex manager della finanza che abbiamo già conosciuto, è particolarmente furbo a dipingere gli albori del brand in stile piccola fiammiferaia: racconta che si trattava solo di “un piccolo team senza budget per la pubblicità“.
Per puro caso, il team di Augustinus Bader si rende conto di avere un’amicizia in comune con l’attrice Melanie Griffith, che si presta a distribuire vari tester di The Cream agli amici, così in breve tempo anche i giornalisti iniziano a sentir parlare di questa crema misteriosa che gira ad Hollywood.

D’altronde, quale neonata azienda cosmetica non ha connessioni a Los Angeles e un co-fondatore dell’alta finanza mondiale?
Possiamo tranquillamente affermare che le piccole aziende cosmetiche cresciute esclusivamente col passaparola siano altre.

Nulla di tutto questo è gratis: bisogna farsi conoscere dai giornalisti, mandare prodotti di prova agli editor, mostrarsi come un’azienda solida e credibile, pagare i testimonials e organizzare massicce campagne di marketing.

Volendo segnalare un’altra anomalia, inizialmente la skincare di Augustinus Bader comprendeva solo The Cream e The Rich Cream, da scegliere alternativamente.
Su internet sono ancora reperibili gli articoli sponsorizzati degli arbori, in cui il brand promette che non venderà mai una routine multi-step, perché solo la crema sarebbe stata sufficiente.

Oggi è comparso l’olio, il siero, il contorno occhi, i detergenti, il burro cacao, la essence (qui spiego cos’è), la linea per capelli e quella per il corpo.

A soli tre anni dal lancio, Augustinus Bader ha dedicato un ulteriore ramo della sua linea cosmetica ad una collaborazione con Victoria Beckam, che non mi risulta essere diventata un volto noto della ricerca scientifica sui grandi ustionati, mentre le sue pubblicità nella TV statunitense hanno preso il volto della super-modella Irina Shayk, una delle più pagate al mondo.

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Victoria Beckham ha firmato una nuova linea cosmetica di Augustinus Bader

Nel 2021, le due creme che inizialmente costituivano l’intera offerta di Augustinus Bader, The Cream e The Rich Cream, sono state nominate da Beauty Inc al primo posto nella classifica della “The Greatest Skincare of All Time” (la migliore skincare di tutti i tempi).
Un pari merito che non scontenta l’azienda.

Per farci un’idea della credibilità del panel dei votanti, basti sapere che al secondo posto c’è La Creme de La Mer (recensita sempre qui), con la sua formula deliziosamente simile alla Nivea in barattolo blu, vagamente superata da qualche decennio.

Questo investimento intensivo nel marketing ha portato l’azienda di Augustinus Bader a superare largamente i 100 Milioni di dollari di vendite dal 2018 al 2021, abbastanza da finanziare senza problemi i test clinici sul Wound Gel.

Vi ricordate il gel medicale degli studi di Augustinus Bader, quel trattamento che secondo Charles Rosier sarebbe stato meraviglioso poter esportare nei paesi del terzo mondo?

Ecco, questo trattamento farmacologico è oggi una realtà: si chiama Momentum Bionics® (l’ennesimo brevetto) e viene somministrato presso il dipartimento di chirurgia plastica della Clinica Universitaria di Monaco.
Si tratta di un farmaco estremamente personalizzato: i peptidi che formano il principio attivo di questo gel si ottengono dal sangue del singolo paziente, che viene processato e riapplicato sulla ferita da trattare.
Sicuramente una tecnologia poco costosa e molto comoda da utilizzare nelle aree più povere del pianeta, nevvero?

Viene da chiedersi se le aziende farmaceutiche che si rifiutavano di finanziare ulteriori studi su questo gel non lo facessero per cattiveria nei confronti degli ustionati più poveri, ma perché una tale procedura è elitaria per definizione e sarebbe difficile da assicurare a tutti i pazienti anche nel ricco servizio sanitario europeo.

Nel frattempo, la quota di ricavi destinata da Augustinus Bader a fondazioni e cause caritatevoli, inizialmente del 10%, è stata ridotta al 5%.

La maggior parte del prezzo pagato dai consumatori si divide, quindi, tra enormi guadagni e pubblicità massive, in un contesto mediatico che appare perlomeno poco trasparente.

Resta da chiedersi se almeno la formula proprietaria di questi cosmetici sia tanto eccellente e funzionale come descritta.

In base ai fiumi di bava, pardon, di inchiostro, spesi dai redattori delle riviste di moda e beauty, sembra che il misterioso TFC8® contenuto nelle creme di Augustinus Bader sia miracoloso: questa linea di skincare viene venduta come se fosse un farmaco che cura rughe, acne, cellulite e, magari, anche la sciatica della nonna.

Sul sito dell’azienda compaiono valanghe di inutili test auto-valutativi in cui i volontari, a cui è stata fornita gratuitamente la crema da provare per circa un mese, si dicono sostanzialmente “d’accordo” sul fatto che la loro pelle abbia un aspetto migliore rispetto a prima.

Eppure, dalle scritte più piccole, risulta che sia stato condotto, pare con successo, almeno uno studio clinico, ma non vengono riportati i dati essenziali per poterne valutare la metodologia e i risultati.

Non resta che affrontare la documentazione legata ai numerosi brevetti con cui Augustinus Bader ha coperto le proprie formulazioni cosmetiche, nella speranza di trovare maggiori informazioni.

La seconda parte di questo approfondimento è in arrivo!

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Dorothy Danielle 🌺

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12 pensieri su “AUGUSTINUS BADER: cosa si nasconde dietro il fenomeno The Cream

  1. Marisa says:

    Come sempre … Grazie Dorothy!
    Avevo sentito parlare delle creme di Augustinus Bader ma non le avevo mai provate.
    Non ci penso proprio a spendere tali cifre. Però nel calendario dell’avvento di Zalando ho trovato una taglia deluxe (credo un 30 ml) di crema. Mi viene il dubbio se usarla.
    saluti Marisa

    • Dorothy says:

      Ciao Marisa, grazie a te per aver letto l’articolo! La crema si può tranquillamente utilizzare, se vuoi approfondire qui c’è l’analisi inci.
      A presto!
      Dorothy

  2. Paola says:

    Buonasera Dorothy, articolo interessante e utili informazioni che non fanno che confermare una mia impressione: con quello che credo costino questi prodotti (anch’io non ne ho mi sentito parlare in realtà ) mi aspetto come minimo sindacale il ritorno pressoché immediato allo splendore dei vent’anni, niente di meno! Ed ecco che a questo punto entrano in gioco atavica parsimonia e inveterato scetticismo a proteggermi da quella che non vorrei ma ahimè so per certo essere solo una pia illusione! Non è che voglio vantarmi di ciò, né biasimare il sacrosanto diritto che ognuno di noi ha di credere nell’incredibile o di spendere l’inverosimile, dico solo che certi “fenomeni” sono senz’altro alimentati (per benino, proprio all’ingrasso!) anche da noi consumatori che spesso per mille mila ragioni non vogliamo-riusciamo ad esercitare il nostro indispensabile dovere di obiettività.

    • Dorothy says:

      Ciao Paola, ciò che dici è assolutamente vero, infatti l’industria cosmetica è una delle poche dove il prezzo elevato non viene considerato una vera limitazione alle vendite, perché i consumatori sono spesso disposti, talvolta anche oltre le proprie possibilità, a spendere tanto, segno che si vanno a toccare sentimenti e paure profondi.
      Proprio alla luce di questo credo che maggiore trasparenza sarebbe d’obbligo, cosa che viene resa molto difficile su internet e in un mondo globalizzato.
      A presto!
      Dorothy

  3. Liliana says:

    Salve Dorothy! Veramente un bel articolo. Grazie. Non conoscevo la The Cream di Bader come non conoscevo quanta “roba” c’è dietro una crema. Ingenuamente pensavo che tutto stava nella pubblicità e che bastavano logos, ethos e pathos di Aristotele. Grazie per un così chiaro approfondimento.

    • Dorothy says:

      Ciao Liliana,
      Grazie mille a te per aver apprezzato la lettura! Dietro un prodotto ci può essere abbastanza storia da riempire dei manuali, a volte sono storie belle, altre hanno quell’odore di carta sudata tipico del denaro.
      A presto!
      Dorothy

  4. Marcella says:

    Ehm…ehm…ma dove vivo? Io non avevo mai sentito parlare di questa azienda. Non frequento profumerie fisiche, non leggo riviste di moda e non guardo la tv da tanto tempo.
    Molto probabilmente non sarei caduta nella trappola visto che grazie a te ho imparato a diffidare di certe campagne pubblicitarie e a “capirci qualcosa” di inci ma comunque resta il fatto che questa azienda, e altre del suo genere, gioca sulla buona fede delle persone cercando di venderti lucciole per lanterne.
    Ecco, come in tutte le cose bisogna informarsi, leggere, cercare di capire e non fermarsi di fronte a modelle che fanno la pubblicità di una crema quando loro sono dal medico estetico un giorno sì e l’altro pure.
    Grazie Dorothy per questi articoli sempre interessanti e approfonditi.

    • Dorothy says:

      Ciao Marcella,
      Non ti sei persa assolutamente nulla, anzi, mi spiace se dopo aver letto questo articolo Google penserà che ti potrebbe interessare questa roba e inizierà a perseguitare anche te!
      É bellissimo sapere che grazie a questo blog si crea consapevolezza e si evitano cantonate, sono orgogliosa di te!
      Riguardo alla penultima frase che hai scritto, in questo articolo doveva esserci proprio un piccolo paragrafo a notare che tante celebrità, soprattutto quelle che osannano il cosmetico di turno, hanno il viso palesemente gommoso (non importa quanto loro neghino) e possiamo stare certi che un cambiamento di connotati non arriva da una crema.
      Grazie a te e a presto!
      Dorothy

  5. Adele Vimercati says:

    Buongiorno Dorothy . Resto in attesa della seconda puntata . Ma soprattutto resto in attesa di terminare l’ultima (ebbene si’) rich cream . Non la ricomprerò ovviamente . Grazie per questa analisi approfondita sotto i più svariati aspetti, non ultimo quello legato alla sperimentazione su animali .
    Ps hai potuto dare un’occhiata a Ringana ? Concezione completamente diversa rispetto a Bader .
    Un caro saluto
    Adele

    • Dorothy says:

      Ciao Adele, posso già anticiparti che l’inci non è di per se terribile, anzi, ma ci sono tante formule analoghe con prezzi assai più bassi. Il problema di questa azienda è soprattutto la narrativa miracolistica e la pochissima trasparenza.
      Ad esempio: posso anticiparti che, se guardi l’inci della tua crema, troverai ad un certo punto scritto proprio TFC8®, il nome del brevetto. Ecco, a livello di normativa europea questa cosa non si può assolutamente fare: vanno scritti i singoli componenti secondo la nomenclatura ufficiale e non si può nascondere uno o più ingredienti sotto un nome commerciale.
      Di Ringana ti interessa qualcosa in particolare? Nel caso, mandami un nome e un inci attraverso il modulo di contatto. Mi sono segnata la tua richiesta in coda con tutte le altre ma non ho ancora selezionato di cosa parlare.
      Un caro saluto anche a te!
      Dorothy

  6. Laura says:

    Ciao Dorothy, dal tuo splendido articolo: “Questo signore ricopriva precedentemente un ruolo manageriale presso la Goldman Sachs………” Ecco, abbiamo capito tutto! Meno economia più cosmetologia. Potrebbe diventare il tormentone di domani.

    • Dorothy says:

      Ciao Laura,
      è sempre un peccato quando queste figure confermano degli stereotipi, d’altronde per fare una carriera simile è necessaria una bella testa.
      Il problema nasce sempre quando, arrivati in alto, si pensa di essere più furbi degli altri, di poter manipolare la realtà a piacimento e raccontare frottole, che tanto nessuno se ne accorge.
      Ti dico solo che sto scrivendo la seconda parte, di analisi INCI e ricerca su questo benedetto TFC8®, e le irregolarità sono allucinanti.
      Mettiamola così: entrambi sopravvivranno senza problemi anche senza il mio contributo.
      A presto!
      Dorothy

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